Si stima che siano ben 17 milioni i visoni che saranno abbattuti per contrastare l’epidemia di COVID-19: tanti sono gli animali attualmente allevati in Danimarca per la produzione di pellicce. I visoni, come i furetti, presentano infatti recettori di membrana molto simili a quelli umani e per questo sono come noi sensibili all’infezione da SARS-COV-2. Quando migliaia di individui sono racchiusi in spazi ristretti, come i visoni allevati, il virus circola più velocemente e aumenta la sua probabilità di mutazione, trasmettendo nuovi ceppi alla popolazione umana e rischiando di rendere inefficace il vaccino in fase di sviluppo. Per questo le autorità danesi hanno deciso di abbattere tutti i visoni allevati nel paese, il primo esportatore mondiale di pellicce di visone. “Si tratta però di una strage annunciata. Lo stesso era successo in occasione dei due più recenti episodi di influenza aviaria del 2003 e 2013, lo stesso per l’influenza suina del 2009. Animali sfruttati per la nostra alimentazione e tenuti in condizioni insostenibili e disumane, diventano focolaio di vecchie e nuove malattie zoonotiche (malattie trasmesse dagli animali all’uomo). Considerando inoltre che per produrre i foraggi degli allevamenti intensivi distruggiamo ecosistemi naturali, cruciali per il nostro benessere, stiamo creando il mix giusto per la tempesta perfetta.
Per il WWF, è arrivato con urgenza il momento di ripensare i nostri modelli di produzione intensiva che riguardano sia l’allevamento sia l’agricoltura, oltre al traffico di specie selvatiche. È infatti stato appurato che la deforestazione per fare spazio a nuove colture favorisce il contatto con nuove specie selvatiche e relativi patogeni, che quando giungono in contesti affollati, come mercati e allevamenti intensivi, possono facilmente compiere il salto di specie e giungere all’uomo.
“Finché non capiremo che la nostra salute dipende da quella del pianeta e degli altri esseri viventi”, dichiara Isabella Pratesi, direttore conservazione del WWF Italia, “saremo sempre a rischio e ci troveremo davanti a situazioni orribili come questa. Dobbiamo ripartire dall’approccio One Planet Health e costruire modelli di sviluppo più rispettosi del benessere degli animali e della nostra salute. Solo riducendo drasticamente i consumi di carne riusciremo a ridurre gli allevamenti intensivi e le superfici agricole coltivate per alimentare gli stessi animali, riducendo la distruzione di habitat preziosi come le foreste nonchè il contributo di agricoltura e zootecnia al cambiamento climatico. Quella che stiamo vivendo non è solo una crisi sanitaria ma una vera e propria crisi ecologica. Stiamo toccando con mano come tutto quello che di sbagliato facciamo al pianeta, agli ecosistemi e agli altri animali, ci ritorna contro, mandando in crisi le nostre vite. Questo riguarda anche la dimensione etica. La sostenibilità deve guardare anche alla sfera dell’eticità, rispettando il benessere animale. L’assoluta mancanza di compassione negli allevamenti intensivi, l’accettazione di pratiche disumane e crudeli, più volte denunciata da diversi fronti, fa male a noi e al pianeta. Lo stiamo toccando con mano”.
“Purtroppo le ultime scelte dell’Unione Europea sulla Politica Agricola Comune non vanno certo in questa direzione- aggiunge Franco Ferroni, responsabile agricoltura del WWF Italia-. Ancora una volta si premia la produzione intensiva foriera di disastri ecologici, finanziando allevamenti intensivi senza seri vincoli ambientali e attenzione al benessere animale. Certo non è il caso degli allevamenti di visoni (che non beneficiano dei contributi delle politiche comunitaria per l’agricoltura), ma senz’altro quello di tanti altri allevamenti intensivi a noi vicinissimi, che producono sofferenza, rischi per la nostra salute e gravi conseguenze per tutto il pianeta”.