Mentre si accalcano seminari e convegni, mentre tutto scorre, domenica un lavoratore si è impiccato ad un albero ed ieri un altro è stato ritrovato cadavere, all’interno di una azienda agricola. In una nota la FLAI CGIL lancia un grido di allarme per chiedere risposte concrete e non solo giri di parole. Il riferimento è al giovane bracciante indiano che domenica scorsa si è tolto la vita, nonché allo straniero, sembrerebbe anche lui indiano, trovato morto ieri a Monte San Biagio. Le Questure – prosegue la nota – devono attivarsi per rilasciare i permessi di soggiorno delle Emersioni in sospeso ed incentivare e facilitare percorsi di Legalità. L’ Inps non può aggiungersi alla lista dei creditori di un poveraccio che non sa come arrivare a fine mese.
La nota di STEFANO MOREA
SEGRETARIO GENERALE FLAI CGIL FROSINONE LATINA
LAVORO – ANCORA MORTI INVISIBILI NELL’AGROPONTINO
Un altro morto nei campi, un altro numero che va ad ingrossare le fila di chi perde la vita lavorando, un altro invisibile di cui domani nessuno conoscerà il nome, la storia, i sogni.
Tutto questo dovrebbe solo farci vergognare ed inchiodarci sulle nostre responsabilità, di Istituzioni, Enti e singoli cittadini.
Che siano definite cause naturali, incidenti sul lavoro o suicidi, quello che accomuna tutti è che restano impuniti i veri responsabili.
L’agricoltura pontina cerca di scrollarsi di dosso la coperta pesante del caporalato, dello sfruttamento e della schiavitù nei casi più estremi, si corre ai ripari perché nel frattempo in giro per l’Europa c’è chi inizia a farsi domande sulla salubrità dei prodotti agricoli e le condizioni di lavoro di chi quel prodotto lo raccoglie nei campi. Vittima di tutto questo anche l’imprenditoria sana.
Mentre si accalcano seminari e convegni organizzati da chi ha oggi il potere di decidere dove, quando e come fare ispezioni, mentre centinaia di migliaia di persone sono in attesa di risposte dalle Questure e costrette quindi dallo Stato a vivere in condizioni di fragilità, mentre tutto scorre domenica un lavoratore si è impiccato ad un albero ed oggi un altro viene ritrovato cadavere, all’interno di una azienda agricola.
Come se non bastasse a questo si aggiunge chi viene preso a sprangate dal caporale nonché padrone, chi viene investito in bici con gli abiti sporchi di terra e nessuno si accorge all’ospedale che forse quello non è un semplice incidente ma un infortunio sul lavoro, chi viene costretto a lavorare malato di Covid e cacciato dall’azienda per aver presentato un certificato di malattia.
Di fronte a tutto questo non basta più una task force, non basta più una Sezione territoriale della Rete del Lavoro Agricolo di Qualità che viene boicottata sistematicamente.
Tutti questi lavoratori meritano di più, meritano che le Istituzioni vadano a trovarli all’obitorio e guardino in faccia i loro familiari perché si meritano di avere Giustizia.
Non è più un appello quello della Flai, è un grido di allarme che questa volta verrà rivolto ai livelli più alti, per chiedere risposte concrete e non solo giri di parole.
Le Questure devono attivarsi per rilasciare i permessi di soggiorno delle Emersioni in sospeso ed incentivare e facilitare percorsi di Legalità.
L’ Inps non può aggiungersi alla lista dei creditori di un poveraccio che non sa come arrivare a fine mese.
Occorre garantire una presa in carico seria dal momento stesso in cui parte una denuncia di sfruttamento o caporalato, e non può essere tollerabile che di fronte a delle segnalazioni non ci siano risposte.
Adesso non c’è neanche più la scusa delle esigue risorse, considerate le ingenti somme messe a disposizione dal PNRR.
A nome di chi oggi non ha la forza di parlare perché intento a curarsi le ferite, o perché già morto, chiediamo a chiunque oggi ha il potere di cambiare il proprio pezzettino di mondo di scegliere da che parte stare, di battere un colpo, di non restare indifferenti.