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Aprilia, l’appello ai cittadini di “Reti di Giustizia” a partecipare questo venerdì in Piazza Roma ad un incontro contro le mafie.

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Operazione antimafia ad Aprilia, l’appello ai cittadini dell’associazione “Reti di Giustizia” a partecipare questo venerdì  5 luglio, in Piazza Roma, ad un incontro contro le mafie. “Scendiamo in piazza contro tutte le mafie, per la giustizia sociale e il bene comune. L’appuntamento domani è a partire dalle 18.30. Quanto emerso finora commenta Reti di Giustizia – deve generare un sussulto nella parte sana della cittadinanza e della società civile di Aprilia”. Reti di Giustizia nel giugno 2019 si vide rifiutare dalla Commissione Affari Generali del Comune la richiesta di costituirsi parte civile nel processo contro i Gangemi. Dagli atti della Procura di Roma, ora, emerge che sarebbe stato proprio Lanfranco Principi ad indurre l’allora sindaco Antonio Terra a rinunciare alla richiesta di costituzione di parte civile.

“Faremo il comune nel Comune” (cit. un affiliato al clan), “Con il ca**o che ci costituiremo parte civile contro i Gangemi” (cit. Lanfranco Principi), “Quello è il capo dei capi” (cit. Lanfranco Principi).

“Possono bastare queste poche parole orrende e disgustose, estratte dalle intercettazioni citate negli atti relativi all’operazione della DDA di ieri, – scrive Reti di Giustizia – a dover generare un sussulto nella parte sana della cittadinanza e della società civile di Aprilia.

Noi di Reti di Giustizia siamo attivi da anni nella lotta alle mafie, alle ingiustizie e diseguaglianze che le medesime creano e di cui, allo stesso tempo, si nutrono; nel contrasto alla non-cultura mafiosa che inquina fino alle fondamenta il contesto sociale, economico e politico del nostro territorio, cercando di sensibilizzare e informare la collettività con eventi pubblici e di diffondere l’educazione alla giustizia nelle scuole.

Proprio per questo presentammo nel giugno 2019 la richiesta al Comune di costituirsi parte civile nel processo contro i Gangemi: richiesta che fu rifiutata dalla Commissione Affari Generali. Ebbene, – sottolinea la nota – ora sappiamo da dove originavano quelle manifestazioni di espressa e aggressiva contrarietà, quelle titubanze, quei silenzi: non era inadeguatezza politica, non era incapacità di leggere la realtà, era connivenza e complicità, quantomeno politica.

Noi continuammo a chiedere pubblicamente all’allora Giunta di costituirsi parte civile e, in caso contrario, di assumersene la responsabilità politica e sociale di fronte alla collettività e dopo mesi riuscimmo, anche grazie all’esempio del Comune di Pomezia, a portare l’amministrazione a costituirsi parte civile: 5 anni dopo, a gennaio di quest’anno, il Tribunale di Velletri ha riconosciuto il diritto al risarcimento alla comunità di Aprilia e per risposta il Sindaco ha affermato che “Aprilia non è una città mafiosa”. Tutto torna. E torna perfettamente.

Fatta salva sempre la presunzione di innocenza, – prosegue Reti di Giustizia – c’è un dato che è già incontrovertibile, ed è la responsabilità politica dell’attuale Sindaco (allora Vicesindaco) che invece di farsi portatore degli interessi della comunità di Aprilia, fortemente lesi dalle condotte criminose, perpetrate sul proprio territorio, invece di proteggere la cittadinanza, di mettere il bene comune quale priorità, interloquiva normalmente e per benefici personali (come essere eletto e ottenere la carica di Vicesindaco), con Forniti e accoliti del clan Gangemi. Una cupola criminale che controllava il comune e che agisce, incontrastata, come una società multiservizi, a beneficio di pochissimi e a danno di tutti gli altri,  tramite estorsioni, usura, traffico di droga, scambio politico-mafioso.

Di fronte a tutto questo chiediamo alla parte sana della Città di portare i propri corpi e le proprie voci in Piazza Roma, questo venerdì 5 luglio alle 18.30: un urlo collettivo per la dignità, per la giustizia, per la bellezza contro il marcio delle mafie, da parte dei cittadini, delle associazioni e di tutte le realtà che credono che un mondo senza sopraffazioni, in cui tutti gli esseri umani godono di pari dignità, sia possibile.

Dobbiamo essere sempre vigili, consapevoli, sentirci responsabili dell’Altro, – conclude la nota – perché quando il tessuto sociale si disgrega e tace nell’indifferenza i vuoti vengono riempiti da soprusi, ingiustizie, disuguaglianze, uso della cosa pubblica per finalità personali, e criminali, a danno del bene comune”.

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