Grazie all’arrivo di farmaci innovativi è migliorata negli ultimi anni l’aspettativa di vita delle pazienti con tumore del seno in fase avanzata. Ma questo, secondo gli esperti, si deve anche al processo di evoluzione in corso che riguarda l’implementazione di nuovi modelli sanitari e delle reti oncologiche regionali, oltre che alla definizione dei Pdta (Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali), che oggi consentono una presa in carico complessiva delle pazienti. Un esempio di efficienza, come sottolineato anche nel Piano oncologico nazionale, sono poi i centri di senologia, cioè le Breast Unit istituite in ogni Regione a seguito del documento di intesa Stato-Regioni del dicembre 2014, che ne ha individuato le linee di indirizzo sulle modalità organizzative ed assistenziali. Nonostante il processo dinamico in corso, però, non sono ancora stati colmati tutti i gap e c’è ancora molta strada da fare per garantire una uniformità di cura, di accesso e di presa in carico delle pazienti con diagnosi di carcinoma mammario avanzato.
Si è discusso di questo in occasione del simposio dal titolo ‘Carcinoma mammario avanzato: nuovi scenari per la gestione e il trattamento dei pazienti’, organizzato da Gilead Sciences nell’ambito del 45esimo Congresso Nazionale dei farmacisti ospedalieri SIFO, che si è chiuso domenica alla Mostra d’Oltremare di Napoli. A moderare l’incontro, che si è svolto presso la Sala Levanzo, la dottoressa Emanuela Omodeo Salè, Direttore della Farmacia dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano; sono intervenuti la dottoressa Manuela Tamburo De Bella, coordinatrice dell’Osservatorio per le Reti Oncologiche regionali AGENAS, il professor Carmine De Angelis dell’A.O.U. Federico II di Napoli e la dottoressa Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia.
Una delle sfide per il nostro Paese è quella di eliminare le disparità tra le Regioni nella gestione delle pazienti con il tumore del seno. Ma cosa dicono i numeri attuali in merito al carcinoma mammario avanzato? A farlo sapere è stata la dottoressa Tamburo De Bella: “Oggi per fortuna, grazie alle nuove terapie, abbiamo più malati cronici oncologici, inclusi quelli con malattia mammaria avanzata, che annovera diversi nuovi farmaci – ha evidenziato – Quello che va migliorato ancora, oltre alla diagnosi precoce, è una precoce presa in carico delle pazienti”. Le pazienti metastatiche, infatti, spesso lo sono alla prima diagnosi “e nonostante ciò – ha aggiunto ancora l’esperta – non hanno una ‘porta d’accesso’ ben individuata se non all’interno di una rete oncologica o di percorsi diagnostico-terapeutici ben delineati a livello regionale e recepiti dalle singole aziende ospedaliere. Da qui si comprende come spesso non ottengano nemmeno rivalutazioni nei tempi corretti”.
Va quindi ricordato che se una paziente è in trattamento il follow-up “deve essere programmato a tre mesi dalla stessa equipe di riferimento, altrimenti la donna può non trarre completo beneficio dalla terapia a cui è sottoposta. Questo è un punto fondamentale”. Quando si parla di reti oncologiche, intanto, non si deve pensare ad incrementare le strutture ma la loro organizzazione “proprio perché la rete oncologica è un assetto organizzativo – ha sottolineato Tamburo De Bella – Si tratta infatti di un coordinamento che mette insieme tutte le strutture che sono presenti in una regione e che si occupano di cancro per le varie patologie”.
Oltre ai centri Irccs multidimensionali che si occupano di tutte le patologie, esistono i centri ad alta specializzazione “che racchiudono tutte le specialistiche o ci si può avvalere di ‘spoke’ che si occupano piuttosto di una parte del percorso di cura. In tutti i casi la paziente deve potersi muovere agevolmente – ha evidenziato l’esperta di Agenas – ma deve essere guidata dal gruppo oncologico disciplinare di riferimento. Tutto questo per snellire il percorso di cure e avere minori tempi di attesa”.
A spiegare che cos’è il carcinoma mammario avanzato, quindi, è stato il professor De Angelis: “Si tratta di un carcinoma nel quale il tumore è andato al di là del seno e ha coinvolto organi a distanza, come polmone, fegato, ossa. Oggi in Italia convivono con questo tipo di neoplasia oltre 40mila persone”. Ma perché i nuovi farmaci biotech, come il farmaco anticorpoconiugato sacituzumab govitecan (antibody-drug conjugate, ADC), di cui si è parlato nel corso del simposio, rappresentano un cambiamento nel trattamento di queste pazienti? “Gli ADC sono farmaci che hanno rivoluzionato la storia del tumore della mammella e della mammella metastatica – ha fatto sapere ancora De Angelis – perché sono farmaci in grado di veicolare potenti chemioterapie all’interno di cellule in maniera selettiva. Oggi grazie a queste terapie nei diversi sottotipi di tumore della mammella siamo in grado di ottenere risposte brillanti e incrementare in maniera significativa la qualità di vita delle pazienti”.
Dal simposio è emerso inoltre il ruolo strategico del farmacista ospedaliero nella gestione di questa patologia. “I pazienti oncologici oggi sono sempre più complessi – ha spiegato la dottoressa Omodeo Salè – Il supporto del farmacista ospedaliero nella gestione multidisciplinare del paziente oncologico, in particolare del metastatico, è strategico e può soltanto migliorare gli outcome”. Con l’arrivo delle nuove terapie oncologiche “abbiamo recuperato il rapporto con il paziente – ha evidenziato – Esistono infatti realtà nelle quali sono stati aperti sportelli di farmacia, dove abbiamo farmacisti di qualità che si occupano di fare formazione, educazione e di supportare il paziente nel suo percorso di cura. Per tutte queste ragioni credo sia importante parlare di carcinoma mammario avanzato in un contesto come quello del Congresso SIFO – perché noi farmacisti ospedalieri abbiamo un ruolo strategico. Purtroppo – ha anche evidenziato l’esperta – siamo sempre più sottodimensionati rispetto al carico di lavoro che abbiamo, speriamo che le istituzioni comprendano quanto sia fondamentale il nostro ruolo”.
La presidente di Europa Donna Italia ha parlato quindi delle difficoltà riscontrate dalle pazienti con carcinoma mammario metastatico, tra accesso alle terapie innovative, qualità della vita e gestione integrata della cura. “La prima difficoltà riguarda l’accesso alle cure innovative, perché purtroppo sappiamo che alcuni tipi di tumore metastatico sono abbastanza aggressivi e non bisogna perdere tempo, soprattutto per questioni burocratiche – ha sottolineato la dottoressa D’Antona – una volta che il farmaco è stato approvato da EMA e AIFA, a livello regionale le pratiche dovrebbero essere più veloci. Il secondo punto riguarda la qualità della vita: quello che dicono tutte le pazienti è ‘vogliamo vivere e non sopravvivere’, questo vuol dire che una paziente, anche se sottoposta a cure pesanti, dovrebbe poter avere la possibilità di vivere quasi come prima la propria vita. Ben venga il supporto dello psiconcologo, allora, oppure la possibilità di sapere quale sia una giusta alimentazione o di esercitare un po’ di attività fisica. Per quanto riguarda le cure integrative, anche qui, il fatto di praticare per esempio meditazione, yoga o di trascorrere un po’ di tempo all’aria aperta, sono tutti elementi che facilitano l’adesione alle cure. Ci sono tanti aspetti di cui tenere conto – ha concluso – per cui noi chiediamo che la classe medica in primis e poi le istituzioni li prendano in considerazione”.