“I risultati delle analisi di Arpa Lazio diffusi in questi giorni e relativi alla fioritura algale dello scorso agosto non aggiungono niente di nuovo a quanto già ben noto. Infatti da Ostia a Foce Verde, diversi fossi risultano da anni come ‘fortemente inquinati’, ed ecco perché ormai da tempo lì vige il divieto di balneazione”. E’ quanto dichiara in una nota l’amministrazione comunale di Ardea. “Da oltre cinque anni i rilevamenti che hanno interessato la foce dell’Incastro e di Rio Torto (quest’ultimo con il suo bacino con Pomezia), hanno mostrato valori fuori norma – prosegue l’amministrazione – Tali evidenze hanno comportato ad inizio 2018 il divieto di balneazione a carattere permanente per lunghi tratti delle nostre coste (250mt a destra e sinistra delle foci inquinate). Oltretutto, proprio a causa di questa situazione, lo scorso mese di luglio è stato vietato, vietata tramite ordinanza sindacale, anche la pesca delle telline nelle aree sottoposte a divieto di balneazione. Un atto di buonsenso, visto che nessuno mangerebbe pesci e molluschi di tratti di mare inquinati”.
Il Comune di Ardea precisa come a fronte del fenomeno di colorazione giallo-marrone del mare che si è verificata tra il 17 e il 20 agosto, l’amministrazione abbia provveduto, in via cautelativa (congiuntamente al Comune di Pomezia), a proclamare con urgenza il divieto di balneazione su tutta la costa di pertinenza. Nei giorni successivi i risultati delle analisi effettuate dall’Arpa avevano individuato come causa principale del fenomeno la crescita anomala di un alga unicellulare di origine asiatica, la Fibrocapsa Japonica, che ormai fin dagli anni 2000 ha colonizzato le coste tirreniche e adriatiche. Una volta accertata la non pericolosità di queste alghe è stata ripristinata la balneazione laddove lo era consentita precedentemente all’ordinanza. Nulla è cambiato per le zone già interdette e per le quali gli ultimi dati non fanno che confermare lo stato già noto. A tal riguardo, l’amministrazione ci tiene a precisare che da mesi sono in corso attività di controllo degli scarichi abusivi di reflui nei nostri fossi, con l’intento di ricondurre i valori dell’inquinamento al di sotto delle soglie di pericolosità.