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A Pontinia presso la scuola Manfredini l’incontro con Edith Fischhof salvata dai lager da un carabiniere di Sonnino e sua moglie

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Una straordinaria lezione di vita. L’Aula Magna del plesso Manfredini ha ospitato Edith Fischhof e il Dirigente Scolastico Paolo Ippoliti per raccontare agli alunni l’incredibile vicenda che li ha indissolubilmente legati per sempre. Lei, una donna di 98 anni di una vitalità e di un’empatia fuori dal comune, ha incantato i presenti ripercorrendo i momenti di un’esistenza che la terribile banalità del Male subìto non ha scalfito, lasciandole un sorriso e una profonda umanità che mai ha ceduto all’odio. Lui, uomo di scuola e persona sensibile, l’ha introdotta, raccontando le vicende che hanno portato le loro strade ad incontrarsi. Siamo nell’Italia delle Leggi Razziali, varate dal regime fascista nel 1938, che inaspriscono drasticamente le misure di discriminazione antisemita. Edith e la sua famiglia (padre, madre e una sorella, Trude) conoscono l’ignominia del campo di internamento di Ferramonti di Tarsia, in provincia di Cosenza, dal quale vengono trasferiti, grazie all’intervento del Vaticano, presso San Martino dei Calvi, un piccolo paese della Val Brembana, nei pressi di Bergamo. Nel comando locale dei Carabinieri si palesa, con le fattezze bonarie del maresciallo Giuseppe Ippoliti, l’Umanità, quella che pareva essere irrimediabilmente scomparsa agli occhi di chi, nato ebreo, perde improvvisamente il diritto a farne parte. Edith ricorda due particolari di quel momento che si rivelerà decisivo: il rispetto dell’ufficiale nei confronti del padre (“lo guarda all’altezza degli occhi”) e la gentilezza di una bevanda calda (“la più buona che io abbia mai assaggiato”) con qualche biscotto da mangiare. Comincia una storia in cui l’istinto di protezione e l’ideale di giustizia portano Giuseppe Ippoliti e sua moglie, Teresina Zani, a salvare Edith e Trude dal destino atroce che ha accumunato le milioni di vittime della Shoah. Quando i nazisti invadono il Nord Italia, il Carabiniere, uomo dello Stato e custode della legge, decide che a prevalere sarà la pietà per quelle due ragazze innocenti; non esita, quindi, ad ospitare nella cascina di Pontevico in cui vive, Edith e Trude, facendole passare per lontane cugine, mentre i genitori sono costretti ad una rocambolesca fuga in Svizzera. Per alcuni mesi si vive sul filo del rasoio ed il rischio di essere scoperti è altissimo: Edith lo ribadisce più volte, sottolineando come i coniugi Ippoliti, eroi della normalità, avessero non solo coperto, ma dato un’identità a lei e alla sorella mossi dalla volontàdi “fare le cose giuste”. Molti anni dopo la fine della guerra e il desiderato approdo in terra d’Israele, Edith sente di dover riprendere coscienza del proprio dolore, che forzatamente aveva cercato di rimuovere, per “chiudere un cerchio”. Si adopera, quindi, per rintracciare la famiglia Ippoliti e, più di ogni altra cosa, si batte con tutta sé stessa per far conoscere al mondo intero Giuseppe e Teresina. Ieri, alla presenza delle massime autorità provinciali e dell’ambasciatore di Israele in Italia, DrorEydar, si è tenuta – presso il teatro Ponchielli di Latina – la cerimonia di consegna dell’onorificenza di Giusti fra le nazioni a Giuseppe Ippoliti e a sua moglie, Teresa Zani, rappresentati dal pronipote Paolo. Oggi, in un silenzio rapito e intenso, la testimonianza di Edith ha ricordato ad allievi e docenti l’importanza di aderire ai valori senza tempo che consentono di difendersi dalla brutalità della violenza e della discriminazione, qualunque forma essa assuma. “A voi, ragazzi, dico che soffre di più chi fa del male. Chi fa del bene riceve molto di più”. Il grazie commosso a nome dell’intera comunità scolastica della Dirigente, la Dottoressa Michela Zuccaro, ha suggellato un incontro indimenticabile, che rimarrà nella memoria di chi ha avuto il privilegio di viverlo.

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