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Aprilia, il Tdm: “Strumenti obsoleti e fuori servizio alla Asl, oculistica è a rischio”

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ASL di Aprilia, il Tdm: “Strumentazioni per aree specialistiche obsolete e fuori servizio, oculistica è a rischio”

Ancora una volta, così come ripetutamente fatto presente  in questi ultimi anni/mesi, ci ritroviamo a denunciare non solo la cronica mancanza delle attrezzature necessarie a svolgere alcune delle normali pratiche specialistiche, ma anche e  soprattutto la mancata sostituzione o riparazione di quelle in uso quando si guastano.
Tempi di sostituzione per nulla certi, e così lunghi  che in alcuni casi,  quali ad esempio le  visite medico-legali o oculistiche, addirittura sospese nel primo caso per problemi informatici (fuori servizio stampante e difficoltà di collegamento con i server preposti allo svolgimento della normale attività) e, nel caso delle visite oculistiche, addirittura fuori servizio e non funzionanti  alcuni strumenti necessari per una corretta diagnosi  (Oftalmoscopio e Autorefrattometro necessari nella diagnosi di Astigmatismo,  Pachimetro non funzionante), altri  obsoleti  (vecchio di 30 anni e danneggiato l’apparecchio per il Campo Visivo),  tanto che in alcuni casi non si è potuta erogare la visita prenotata.

Non va dimenticato inoltre che da lungo tempo è stato richiesto l’apparecchio per l’ecocardiogramma, che si dice “in arrivo”, ed è stato acquisito un elettrocardiografo, ma ne servono altri due. Altro problema la mancanza di defibrillatori. Ne esiste uno in Oncologia, ma è vecchio e presenta difficoltà nell’utilizzo. Per quanto riguarda la Chirurgia, è disponibile solo una attrezzatura minimale, in condivisione con Dermatologia. Per ultimo, si segnala la carenza di arredi (lettini, scrivanie, armadietti…)

 La domanda è sempre la stessa: ma è veramente così difficile organizzare almeno la sostituzione di uno strumento nel caso non fosse riparabile, in tempi tali da poter evitare l’interruzione dell’ attività o peggio ancora erogare  una visita non adeguata? Di chi è la responsabilità?

Vogliamo altresì ricordare che la simulata sui nuovi parametri LEA nel Lazio, che saranno operativi dal 2020, hanno evidenziato che non si raggiungerebbe la sufficienza proprio a causa della inadeguatezza del Servizio Sanitario territoriale. Continuando su questa strada  faranno appena  in tempo ad ufficializzare l’uscita della Regione Lazio dal Piano di Rientro, che dovrebbe avvenire alla fine del 2019, per poi, con i nuovi parametri, ritornarci nel 2020.
In generale il nostro Servizio Sanitario pubblico è più che accettabile, perché quindi non organizzare meglio ruoli e soprattutto responsabilità, al fine di creare percorsi certi e puntuali, specialmente nel campo dell’assistenza logistica, almeno per le visite specialistiche presenti nelle strutture?

Si conta troppo solo sul commitment del personale, che lavora sotto pressione ed in condizioni non ottimali, esponendosi così anche all’ira dei pazienti (che comunque non giustifichiamo) che li identificano come i responsabili del disservizio, ignari del fatto che questi ultimi sicuramente avranno fatto presente più volte che un determinato strumento era in dirittura d’arrivo o, peggio ancora, già non funzionante. Bisogna entrare nella logica che i macchinari e gli strumenti per gli accertamenti diagnostici vanno inseriti in un serio piano di manutenzione programmata, sostituiti quando diventano inaffidabili e riparati con un sistema di pronto intervento, altrimenti la momentanea sospensione del servizio continuerà ad essere inevitabile.

Auspichiamo la creazione di percorsi semplici, chiari e veloci per evitare di  raccogliere dati negativi sulle prestazioni e sull’organizzazione del Servizio Sanitario territoriale, che  si ripercuotono non solo sui cittadini, ma anche sulle autorità che hanno il compito di intervenire per rendere la sanità pubblica fruibile e ben strutturata.

E’ compito della Regione Lazio creare procedure operative standard che siano applicabili e sostenibili dalla organizzazione del nostro sistema sanitario ed evitare così che anche il pensionamento di un operatore sanitario o amministrativo possa mettere in crisi l’intera ASL, creando inefficienze paurose con ulteriori aggravi anche di spese. Purtroppo questo tipo di programmazione è completamente assente e si continua ad operare in emergenza, con tutte le conseguenze del caso, come se non si sapesse in anticipo chi sta per andare in pensione ma fosse una sorpresa.

Il fatto poi che i presidi sanitari siano stati ribattezzati con il nome di “Azienda” dovrebbe far riflettere ed essere da sprone a fare proprie parole quali produttività, efficienza, soddisfazione del cliente, così come pure contenimento dei costi. Ogni cliente, in questo caso “paziente”, va considerato come una risorsa per l’Azienda ASL alla quale si rivolge e va trattato come tale, altrimenti è solo una sponsorizzazione del privato o  una migrazione sanitaria in altre regioni, le cui prestazioni vengono liquidate a caro prezzo, nel nostro caso, dalla Regione Lazio.

La sfida di chi si fa chiamare “Azienda” è quella di rimanere competitivi, che significa produrre di più migliorando la qualità del servizio offerto e mantenendo o abbassando i costi.

Chiaro che se il tutto si vuole raggiungere solo abbassando i costi tagliando sul personale e non sostituendo la strumentazione necessaria neanche quando è rotta e irrecuperabile, allora l’obiettivo di poter offrire un Servizio Sanitario pubblico che soddisfi le necessità dei cittadini sarà difficile da raggiungere.

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