Superlega – Mimmo Cavaccini non è solo uno dei liberi italiani migliori della stagione per quanto concerne le statistiche, ma è anche un campione di solidarietà. Quello che vola da una parte all’altra del campo da gioco in occasione delle partite di Superlega della Top Volley Cisterna, fuori dal campo è un clown di corsia, un’attività che lo porta a entrare negli ospedali a portare il sorriso. «Certo in questi giorni non si può fare nulla negli ospedali, sono tre settimane che non facciamo servizio, ma solitamente siamo in tre per ogni piano e passiamo in tutte le stanze – spiega Mimmo Cavaccini – il mio ultimo servizio l’ho svolto all’ospedale di Eboli nel periodo natalizio, posso dire che ogni servizio è diverso dall’altro: molte volte va tutto bene, altre volte le situazioni sono più complicate e difficili perché i pazienti spesso hanno esigenze particolari. Ci sono molte procedure da superare, perché vanno seguiti dei protocolli igienici, non ci si può improvvisare e serve anche molta attenzione anche perché chi soffre ha esigenze diverse, si deve capire velocemente la situazione e agire di conseguenza». Ovviamente un momento molto toccante è quando si incontrano i bambini. «Quella dei bambini è la parte più divertente ma anche più significativa, anche quando ti sorride la persona anziana riempie il cuore, ma i bambini danno una forza diversa – continua Mimmo – una volta eravamo in pronto soccorso con una famiglia che aveva portato un bambino in condizioni complicate: nell’attesa che venisse curato siamo riusciti a farlo sorridere e questo è stato molto importante per noi».
La carriera da volontario con il naso rosso e il camicie bianco di Mimmo Cavaccini nasce circa quattro anni fa, un paio di anni dopo la scomparsa della sorella Susy, tra l’altro ex pallavolista e giocatrice anche a Latina nella sua carriera sportiva. «Mia sorella era una clown di corsia e svolgeva servizio con Vip Roma, al Bambin Gesù, per lei era una cosa molto importante e questa cosa l’aveva cambiata tantissimo, per lei era diventato uno stile di vita e lo stesso cambiamento l’ho trovato in me stesso, questo mi ha aiutato anche a superare i problemi del quotidiano con un atteggiamento diverso – aggiunge Mimmo, diviso tra gli allenamenti e il volontariato – Anche mio fratello, che si chiama Alfonso e giocava anche lui a pallavolo, è un clown di corsia, il suo nome di clown è Sy, che unito al mio che è Su, compone il nome di nostra sorella. Ora Alfonso gestisce la scuola di beach volley che abbiamo a Eboli, ma anche mia madre Anna, che poi è la presidentessa della nostra associazione di volontariato, ed è anche lei un clown con il nome Sualmi che sarebbe poi la somma dei nomi della nostra famiglia. Lei è stata la scintilla dalla quale è partito tutto e ora siamo complessivamente oltre trenta e, quando non sono impegnato con il volley di Superlega, anche io mi unisco a loro che continuano l’attività normalmente negli ospedali del salernitano». Ogni estate si svolge poi un momento di celebrazione che coinvolge moltissime persone. «Si chiama Wonder Tortilla Day, un evento che coinvolge oltre 3.000 persone a Eboli, una vera e propria festa in cui si fa tanta beneficenza che poi ci permette di fare attività, di acquistare macchinari da donare agli ospedali – spiega Cavaccini – con l’evento dello scorso anno abbiamo acquistato le giostre per i disabili da posizionare in centro a Battipaglia, ma molte altre iniziative abbiamo portato avanti nel corso degli anni». Oltre a Mimmo, al fratello Alfonso e alla signora Anna, ci sono tanti altri volontari, molti dei quali sono anche professionisti nei rispettivi campi, come medici, insegnanti, studenti e altro. «A noi però piace chiamarci con il nome di clown, così tanto per citarne qualcuno posso nominare: Scheggia, Svalvy, Ndoppi, Fischietto, Tety, Yaya, Zigo Zago, Maccarone, ma ce ne sono a decine e sicuramente verrò rimproverato per non averli citatati tutti ma loro sanno che li porto sempre nel mio cuore e mi danno la forza di continuare a conciliare la mia attività con l’essere clown: non è sempre facile perché sono sempre in giro per l’Italia e sempre ad allenarmi lontano da casa, ma questo legame non lo voglio perdere per nessun motivo al mondo». Poi il libero della Top Volley aggiunge: «Indossare camice e nasino rosso richiede tanti sforzi e doveri ma è soprattuto un privilegio, perché nei nostri servizi spesso pensiamo di aver dato ma invece abbiamo ricevuto tantissimo».