San Giovanni Paolo II nel quarantesimo anniversario dell’elezione al soglio di Pietro (1978-2018) ed a 13 anni dalla morte (Pasqua 2005)
2018 ricorre l’anniversario dell’elezione al soglio di Pietro di San Giovanni Paolo, II. Incontriamo a Roma l’artista Francesco Guadagnuolo, il quale ha avuto modo di conoscere il Papa Santo. Mons. Elio Venier nel 2007 scriveva: «…Di particolare successo ed interesse sono le opere di Guadagnuolo che riguardano il Pontefice Giovanni Paolo II, da cui aveva meritato particolare stima personale e di cui si è fatto ‘cantore’ sia delle opere letterarie, come “La Bottega dell’Orefice”, e sia del suo drammatico percorso di sofferenze e di universale esemplarità negli ultimi anni del suo Pontificato».
Proponiamo per i lettori l’originale saggio del grande Teologo olandese Bonifacio Honings che ricorda nel giorno di Pasqua 2005, tredici anni fa, attraverso l’opera del Guadagnuolo, l’ultima apparizione del Santo Padre affacciato al Palazzo Apostolico nel momento di sofferenza e di dolore. Il suo grido, silenzioso, è divenuto per il mondo intero, messaggio di Pace.
L’urlo dei Papi da Innocenzo X a Giovanni Paolo II, tra Bacon e Guadagnuolo
Il grido di disperazione rivela dramma e pathos dell’essere: è il caso di Munch, Bacon e Guadagnuolo
Tre artisti che hanno in comune il grido di disperazione di vita. Uno è il grande artista norvegese, Edvard Munch nato nel 1863 e, morto nel 1944, l’altro è l’irlandese Francis Bacon nato nel 1909 e morto nel 1992, in ultimo è l’italiano Francesco Guadagnuolo nato nel 1956 ancora vivente.
Per esprimere il senso di angoscia o di smarrimento nell’arte del ’900 ci sembra opportuno rifarci a tre dipinti particolari: l’ “Urlo” di Munch nel 1893, in esso è compendiato tutto il rapporto disperato che l’artista sente nella comparazione dell’esistenza; “Studio dal ritratto di Innocenzo X” del 1953 di Bacon di deformazione lacerata, di angoscia interiore, in esso è reso patimento e alienazione umana, e “L’urlo silenzioso di Giovanni Paolo II” del 2005 di Guadagnuolo, con il suo grido, silenzioso e addolorato, è diventato messaggio ed espressione di pietà per l’intera umanità. Opere diverse tra loro, appartenenti a tempi storici differenti, ma con un principio denominatore comune l’Urlo che li porta al confronto, alla dolorosa sofferenza del mondo, che più realmente hanno manifestato il dramma della vita.
“Non si può essere più orribili della vita stessa” disse un giorno Bacon. Il sentimento, per Bacon come nell’Urlo di Munch è lo smarrimento della vita, il timore e l’atrocità nei confronti della realtà. Guadagnuolo, invece, espone il male tramite la tensione dei corpi e i disagi inquietanti inconsci dell’uomo. È il male concepito che incute l’uomo nei confronti dell’altro. L’arte di Guadagnuolo lo afferma opportunamente, dalla violenza al crimine, dall’oltraggio all’inganno.
Tra il 1951 e il 1965 Bacon creò circa quarantacinque ritratti di Papi variando il personaggio, prendendo a simbolo uno per tutti il Ritratto di Papa Innocenzo X di Velázquez. Tormentato da tale parvenza, il suo intento era quello di significare un urlo, la bocca stesa in un grido sordo tremendo, segno sicuro di affanno vitale.
Bacon ripensa l’urlo di Munch, ma trasversalmente pensa al grido di terrore, di una donna, nel film di Eisenstein “La Corazzata Potemkin”, la sequenza della gradinata di Odessa nel momento in cui la carrozzina col bambino precipita dalle scale. Tra questi due urli dipinge il grido nei suoi ritratti. Nasce così la raccolta dei “Pope”, diceva Francis Bacon a proposito di Velázquez: «Penso sia uno dei più grandi ritratti che Velázquez abbia fatto. Sono diventato ossessionato da questo. Ho comprato libri dopo libri per avere la foto del Ritratto di Papa Innocenzo X di Velázquez perché mi perseguita e mi apre a tutte le sorti di sentimenti e aree d’immaginazione». In certi ritratti di Papi si possono vedere parti di animali macellati che richiamano Soutin, altri richiamano agli orrori del secondo conflitto mondiale: come dei due ritratti sovrapposti di Innocenzo X e di Pio XII. Bacon sceglie di ritrarre Pio XII come un Pontefice ormai isolato.
Il Papa di Bacon emerge in un mondo indeterminato di dolore, il suo urlo uscito dall’apertura della bocca del Pontefice, diventa tutto: concetto e principio fondamentale della composizione. Lo scenario è di grande effetto, fatto di oscurità da cui affiora la figura del Pontefice, che rispecchia ed accresce la disumanità del mondo che la pervade, straziato senza pietà.
Passando a Francesco Guadagnuolo negli anni ’90 ha dipinto circa sessanta ritratti di San Giovanni Paolo II riprendendo le espressioni dei volti del Papa in un’angosciosa travolgente energia, in una sconvolgente sofferenza umana, in una percezione del dolore come segno di vita nel nostro vivere.
L’emozionante ritratto della sofferenza umana che appare nelle opere del Maestro, ha indotto la critica ad esprimersi di una nuova ritrattistica papale. Infatti, le opere conseguite dal Guadagnuolo racchiudono tutta l’icona della dolenza del Pontefice che prende un peso della sua vita, basterebbe considerare l’opera “L’urlo silenzioso”, l’ultima volta affacciato alla finestra del Palazzo Apostolico di Piazza San Pietro per l’incontro domenicale dell’Angelus, nel giorno di Pasqua, il 27 marzo 2005: nella benedizione “Urbi et Orbi”. Ma non ce l’ha fatta a parlare. Il suo grido, silenzioso, è diventato messaggio ed espressione di gravosa afflizione, implorazione a Dio. Da questo ritratto precisa una penosa trasfigurazione formale e spirituale. Nell’urlo del Papa l’artista ne fa una consapevolezza più profonda della realtà stessa, quell’urlo è dono all’umanità, è ciò che ancora al Pontefice gli rimaneva, la sofferenza, consentendogli l’ultimo messaggio di Pace. Gesto che è riuscito Guadagnuolo ad intuire, con grande sensibilità, le urgenze di un mondo in crisi che spesso non arriva più a riconoscersi nella società in cui vive. Ha scritto il poeta e critico Angelo Mundula a proposito delle opere di Guadagnuolo: «Le sue sacre immagini, mi colpiscono molto con la nutriente vivezza del colore e del segno: da quel grido muto del Papa in cui sembra vi sia il rifiuto di tutto l’orrore del mondo (neppure Munch era riuscito a tanto)… ». Il grido del Papa, Guadagnuolo ha ritenuto di riviverlo anche in un altro dipinto, trattenersi sulla percezione dei due volti quasi anteposti, l’uno nella sofferenza e l’altro nell’urlo. I ritratti eseguiti degli ultimi anni del Pontificato di San Giovanni Paolo II sono stati valutati dagli alti prelati e dalla critica, espressione di atroce potenza e di reale esposizione della sofferenza come metafora della condizione umana. Guadagnuolo è abile nello squarciare l’incomprensibilità dell’uomo, svelando verità attraverso la luce, in un mondo fatto di debolezze, di brutalità, di sopruso, ma anche potenza di bellezza della vita, per esprimere il segreto della realtà e giungere a significare la sincerità che è magnificenza dell’uomo, poiché la realtà è fatta anche dalla non accettabile meschinità umana. L’artista sa vedere quello che gli altri non vedono, ecco che viene fuori il Transrealismo di Guadagnuolo, egli riesce a tramutare l’arte in una concezione libera e, per questo, immortale. Osserviamo in entrambi gli artisti l’urlo, diversamente interpretato da vicissitudini angoscianti, nello spazio/tempo. L’angoscia manifestata da Bacon parte da un impulso diverso. È l’angoscia dell’uomo che s’infrange, vittima della collettività che a sua volta diventa imputabile, perché lo svuota dalla sua stessa esistenza. “Vorrei che i miei quadri apparissero come se un essere umano fosse passato su di essi…lasciando una scia di umana presenza e tracce mnemoniche di eventi passati” (Bacon). Per Guadagnuolo, invece, l’angoscia nei ritratti del Papa, ricorre a gradazioni di colori e di chiaroscuri, con prospettive di luce che fanno esaltare il tormento degli ultimi momenti di vita e la gioia della rinascita in Dio che annulla ogni angoscia ogni tormento e si trasforma in estasi.
L’arte di Guadagnuolo costituisce una delle nuovissime rivelazioni di umanesimo perché non rifiuta l’accostamento con l’uomo, con il suo mondo interiore, con le sue inquietudini, con i suoi affanni, ma pur sempre con i suoi slanci di vita. L’artista transrealista anche se va oltre al realismo, rimane pur sempre ancorato all’umanità.
Bonifacio Honings ocd