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Impianti di trattamento rifiuti: la nota dell’associazione Tuteliamo di Aprilia

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Una lunga nota per dire no al termovalorizzatore. L’associazione Tuteliamo di Aprilia presenta il suo punto sugli impianti di gestione rifiuti che insistono sul territorio comunale, ma anche su quello limitrofo, come nel caso dell’impianto di Santa Palomba. “Ci sentiamo di dire con preoccupazione – si spiega nella nota –  che ad Aprilia si stia costituendo sempre più, un vero e proprio «polo industriale dei rifiuti» con la possibilità di chiudere il ciclo di un intero ambito ATO. Come cittadini impegnati a tutela dell’ambiente nel nostro territorio vogliamo esprimere i nostri dubbi e preoccupazioni sulla eventualità di ulteriori impianti per il trattamento o smaltimento dei rifiuti e sugli eventuali carichi ambientali che ne potrebbero derivare”.

La nota stampa dell’associazione Tuteliamo di Aprilia

Aprilia ha già pagato molto negli anni in tema rifiuti, essendo sede di numerosi impianti di trattamento, alcuni di dimensioni tali da superare il fabbisogno provinciale. Una città con un’alta concentrazione (tra compostaggio, biogas e Tmb). Il territorio di Aprilia è stato teatro, negli ultimi decenni, di una forte pressione ambientale, relativa alle matrici atmosfera, suolo, acque.

Si ritiene necessario fare presente che sul territorio vi sono valori di emissioni del PM10 e PM2.5 molto spesso al di sopra delle soglie consigliate dall’OMS. Ospita sette impianti di trattamento rifiuti e un impianto previsto dalla Provincia di Latina per il trattamento fanghi. Un impianto CSS (combustibile solido secondario) da 490.000 t/a, con possibilità di incrementare, previa autorizzazione a 825.000 t/a, oggetto di procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale. Più un piano da parte di privati, si legge sui giornali da 410 milioni di euro per portare sul territorio Apriliano un termovalorizzatore di nuova generazione. L’impianto lavorerebbe, nelle intenzioni del progetto, 437.000 t/a e il calore sviluppato da 220 megawatt servirebbe ad alimentare una rete di teleriscaldamento per le abitazioni di Aprilia.

Oltretutto ci sono proposte per ulteriori due impianti.

Un termovalorizzatore, che andrebbe a collocarsi nell’area di Santa Palomba(Pomezia) a pochi km dal centro di Aprilia e comunque limitrofo al confine comunale. E l’individuazione di aree idonee a discarica, dove una delle tre opzioni è quella della zona Pontoni, Aprilia, in via della Riserva Nuova. Di conseguenza ci sentiamo di dire con preoccupazione che ad Aprilia si stia costituendo sempre più, un vero e proprio «polo industriale dei rifiuti» con la possibilità di chiudere il ciclo di un intero ambito ATO. Così come previsto dal piano regionale dei rifiuti non è sostenibile chiudere il ciclo dei rifiuti in un singolo territorio mentre bisogna rendere quanto più omogeneo possibile la dislocazione dei vari impianti proprio per evitare dannosi

carichi ambientali. Poiché su base provinciale si produce una quantità di indifferenziato utile per poter poi essere trattato e reso combustibile per il termovalorizzatore, decisamente inferiore rispetto alla capacità di trattamento dell’impianto proposto dalla Crea Plant srl da 430.000 t/a circa, risulterebbe essere quindi un impianto decisamente sovradimensionato rispetto alle esigenze sia di Aprilia e sia dell’intero ambito provinciale. Un Impianto del genere dovrà funzionare a pieno regime almeno per i circa 30/35 anni di vita tecnologica, sia per abbattere i costi di gestione, sia perché i forni devono sviluppare il massimo delle temperature evitando fermate e riavvii critici per le emissioni e sia perché va soddisfatta la richiesta di energia. Ci chiediamo quindi, se la restante quota rifiuti sarà importata e quindi per Aprilia si prospetta e si prosegue nella condizione degli ultimi 10/15 anni, nel trattare una quantità di rifiuti ben oltre sia la propria produzione e sia dell’intero ambito. Un ulteriore carico a danno dei cittadini, virtuosi, insostenibile, dove con dedizione si è arrivati ad ottenere elevate percentuali di differenziata. Discutere di termovalorizzatore per risolvere la questione rifiuti è una cosa fuori dal tempo, anacronistico sia dal punto di vista delle scelte politiche che si fanno in Europa sia dal punto di vista tecnologico. Nel vecchio continente l’incenerimento è stato escluso dalla tassonomia perché si ritiene non abbia futuro e perché non rispetta il principio del Do Not Significant Harm. Per questo non è finanziabile, non guarda al futuro né alla riduzione delle emissioni climalteranti. Oggi questa tecnologia è sorpassata. L’Europa non la considera più attuale. L’unica strada percorribile e sostenibile è potenziare e migliorare la raccolta differenziata.

I cittadini chiedono dai territori,benessere, miglioramento della qualità della vita e aria più pulita che sono temi che probabilmente interessano di più insieme al lavoro.

Il termovalorizzatore in realtà inceneritore, poiché il termine greenwashing “termovalorizzatore” nemmeno esiste nelle altre lingue sono impianti assolutamente non ad impatto zero che devono lavorare a pieno regime e quindi bisognosi, costantemente di combustibile per poter funzionare correttamente e soprattutto per poter essere sostenibili economicamente. Il RUR (rifiuto urbano residuo) che viene impiegato aumenta anche a causa di una bassa percentuale di RD e da una cattiva qualità della stessa. È una scelta politica largamente condivisa dalle varie forze politiche quella dell’incenerimento dei rifiuti ma

non sostenibile per l’ambiente e per i cittadini. Gli obiettivi perseguiti nel Piano regionale dei rifiuti pongono al centro il rafforzamento della gerarchia di trattamento rifiuti.

La gestione dei rifiuti deve avvenire nel rispetto della seguente gerarchia:

  1. a) prevenzione;
  2. b) preparazione per il riutilizzo;
  3. c) riciclaggio;
  4. d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
  5. e) smaltimento.

La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Gli inceneritori non sono impianti ad impatto zero. Bisogna prendere in considerazione le emissioni, lo stato di salute e la popolazione che risiede nelle aree esposte alle ricadute. Non sono gli ecologisti col ‘pregiudizio’ ma è l’Europa che dice di non finanziare questo tipo di impianti obsoleti ,poiché ci sono tecnologie codificate come migliori che non emettono CO2. Sull’Italia gravano già tre procedure di infrazione a causa del superamento dei limiti

degli inquinanti atmosferici stabiliti dalla direttiva europea n. 2008/50.

Purtroppo la qualità dell’aria tende ancora ad essere considerata come una misura integrata con altre aree prioritarie (ad esempio energia, rifiuti etc..) piuttosto che essere valutata in modo specifico. Sarebbe importante inserire nel processo di pianificazione generale e dei vari settori, considerazioni relative all’impatto sulla salute dell’inquinamento atmosferico, anche come possibile criterio di valutazione dei progetti di sviluppo industriale. Come cittadini impegnati a tutela dell’ambiente nel nostro territorio, con questo comunicato vogliamo esprimere i nostri dubbi e preoccupazioni sulla eventualità di ulteriori impianti per il trattamento o smaltimento dei rifiuti e sugli eventuali carichi ambientali che né potrebbero derivare.

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