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Latina, al Ponchielli in scena “Io, mia moglie e il miracolo”

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Torna ancora “Contemporanea” la rassegna curata da Lestra e Teatro Ragazzi e diretta da Clemente Pernarella. Venerdì 9 alle ore 21:00 al teatro Ponchielli sarà la volta di Punta Corsara, compagnia napoletana tra le più giovani e interessanti realtà emergenti in Italia. La compagnia nasce da un progetto del 2009 che vedeva il teatro come elemento di lotta all’emarginazione e tramite alla inclusione sociale. Nasce infatti a Scampia, quartiere tristemente noto, ma dopo dieci anni si impone come gruppo di professionisti che proprio dal luogo di residenza hanno tratto le energie migliori e, conservandone le radici, le hanno utilizzate per uscire dall’isolamento e parlare al mondo del mondo e non più solo di Scampia. Una esperienza unica.“Io, mia moglie e il miracolo” firmato da un giovanissimo Gianni Vastarella, mescolando sacro e profano, cinema di genere a Ionesco,  imbastisce una sorta di apologo surreale sulla famiglia di forte valenza espressiva. Qui non ci troviamo però di fronte alla tipica famiglia napoletana che ci aspetteremmo di trovare in un lavoro di Punta Corsara: questo nucleo familiare vive in un tempo immaginario ma, nello stesso istante, assai posizionato nel presente.

Ogni attore raffigura non solo un personaggio senza nome, ma anche una specie di maschera, che ha il suo ruolo nel teatro del mondo e nella società in cui viviamo, fatta di schemi, regole, ruoli e molti stereotipi.

Uno spettacolo surreale, a metà tra la commedia all’italiana, il noir, il giallo ed il fumetto.  Dialoghi: serrati, netti, a cui si aggiungono l’assurdità dello svolgimento, i personaggi macchiettistici e marionettistici, come pupazzi che ricordano un gioco infantile.
La storia di un marito, una moglie ed una fantomatica bambina, comincia con la morte di lui: un uomo misterioso, definito il guaritore, riesce a resuscitarlo, compiendo il miracolo citato nel titolo. Dal buio affiorano le figure di questi personaggi che, improvvisamente illuminati da una luce bianca e accecante, ricordano i pupazzi dentro i loro scatoli, pronti ad essere posizionati per cominciare il gioco.

Ecco allora un padre padrone (impersonato dallo stesso Vastarella) ben conscio del suo ruolo, che nel picchiare la moglie (manco a dirlo, mesta e sottomessa) mostra di interessarsi nevroticamente perfino al bucato di casa.

Come in ogni famiglia che si rispetti vi è poi la presenza/assenza della figlia, che sappiamo far parte di un nuovo progetto educativo che la costringe a scuola in un tempo prolungato che diventerà infinito. A smuovere gli eventi arriverà in paese un guaritore con il dono miracoloso di riportare in vita oggetti e persone, anche quando nessuno, apparentemente, sembra esser morto. Ad indagare sulla eccessiva lontananza della bambina, ma soprattutto sulla morte di un gatto dal viso strano, verrà in soccorso un tracotante e goffo sceriffo che crede solo a ciò che vede, seguito da una puttana che intende redimersi ma non ad ogni costo e solo a un prezzo onorevole, e un uomo a cui misteriosamente, mentre mangiava un lecca lecca, la stecca gli è rimasta attaccata alla mano: sarà lui l’unico a mutare la propria situazione, senza interessi di sorta.

Un testo ironico e costruito per spiazzare il pubblico, per stimolare la partecipazione degli spettatori dove non mancano risate. Il ritmo serrato dell’intero racconto, seppur diviso in quadri e vicende, accoglie il favore del pubblico che, inevitabilmente, vuole conoscere al più presto la conclusione della vicenda

In una scena costruita geometricamente emergerà così in modo netto la realtà: non c’è possibilità di riscatto per nessuno, e la menzogna ancora una volta trionferà, nonostante i sorrisi stereotipati del finale, a punteggiare un universo popolato da persone che non osano guardarsi né toccarsi.

Tutto ha una sua perfetta logica, con uno sguardo – non certo consolatorio – sulla società in cui viviamo.

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