C’è molto di Velletri nel docufilm “Mi chiamo Francesco Totti” che racconta la vita del capitano giallorosso, presentato alla Festa del Cinema di Roma, e uscito nelle sale ieri 19 ottobre e lo resterà fino a domani sera come evento speciale. A novembre, poi, il documentario sarà su Sky.
Tratto dall’autobiografia “Un Capitano” scritto con Paolo Condò, si tratta di un viaggio indietro nel tempo dall’ultima notte prima dell’addio fino alla primissima infanzia e alla prima parola detta da Totti: “palla”. La regia è di Alex Infascelli.
Ad interpretare Francesco Totti da bambino c’è Massimo Annibali di Velletri. Per lui una grande occasione, una felicità immensa, inoltre, conoscere uno dei suoi più grandi miti.
Massimo ha 10 anni. Gioca a calcio da 6 anni e vorrebbe fare l’attore. Ha giocato nella Vis Velletri, nella Fortitudo e oggi con SPQV Velletri calcio. La sua maglia, neanche a dirlo, porta il numero 20. Lo stesso numero con il quale proprio Totti è entrato nella magica Roma!.
“Si trova molto a suo agio dietro la camera, – ci racconta la madre Désirée – è naturale e si diverte. Girare in questo film è stata una esperienza unica; Massimo viene da una famiglia romana e romanista e per lui è stato molto di più di una esperienza professionale, per lui è stato un sogno diventato realtà, il bambino che interpreta il suo mito, il suo idolo. Palleggiare con lui, pranzare con lui, ridere e scherzare con lui, ha avuto un valore per sempre”.
“Il film è stupendo. – Commenta ancora Désirée – non sono una critica cinematografica, ma basta guardarlo per confermare quanto ho scritto. C’è una frase nel film, proprio alla fine, dove Francesco dice una cosa bellissima: “Sarò matto, ma quando le cose diventano difficili bisogna divertirsi” ecco, io mi auguro che il Capitano, insieme a mio figlio, possa regalare minuti di gioia in questo momento cupo che stiamo vivendo”.
“Francesco è una persona stupenda. – Dice ancora commossa la mamma di Massimo – umile e umano. Palleggiava con Massimo, insegnandogli anche come colpire di testa. Totti tirava forte e Massimo si spostava. Ad un certo punto lo guarda e gli dice, con il suo tipico dialetto romano: “Ao’ ma che te scansi? Io all’età tua, facevo sto lavoro per 8 ore al giorno! Dajeee!”. Un momento stupendo.
“Il film si intitola “Mi chiamo Francesco Totti” come l’incipit di un tema di scuola in cui ti devi raccontare – spiega il regista Infascelli ai giornalisti – è un documentario semplice perché Francesco è semplice e a me piaceva così. Questo è un film molto particolare, avremmo raccontato qualcosa di conosciutissimo come Francesco ma avrei dovuto farlo rimbalzare su un’intera città, la famiglia, i romanisti, i romani”.