Raddrizzatore di corrente: come funziona, quando utilizzarlo e dove trovarlo online
L’invenzione del raddrizzatore di corrente si deve a Leo Graetz, un fisico tedesco che, verso la fine del 1800, creò un ponte a 4 diodi che chiamò con il proprio nome. Di fatto, anche se si trattò di un primo prototipo rudimentale, anch’esso aveva il compito di “raddrizzare”, letteralmente, la corrente discontinua o alternata rendendola continua. Grazie a portali specializzati come RS Components, è possibile avere a disposizione raddrizzatori dei migliori brand e di diverse tipologie per tutte le applicazioni: cliccando su questo sito web si accede a un’ampia gamma di modelli pensati per soddisfare qualsiasi esigenza.
Come è fatto un raddrizzatore di corrente
Il raddrizzatore di corrente è un semiconduttore che garantisce corrente continua in uscita della medesima polarità di quella in entrata, su entrambi i poli. Il voltaggio disponibile può andare dai 12 ai 220 e il numero di pin parte da 4 fino ad arrivare a ben 17 per esigenze più complesse. Dai full bridge, passando per i monofase e i trifase, i ponti raddrizzatori possono persino rovesciare fisicamente un’onda invertendo la polarità e prestandosi perciò a usi diversi.
In un qualunque tipo di circuito, il raddrizzatore deve essere accompagnato da certificazioni di idoneità secondo gli standard europei RoHS che ne garantiscono il corretto funzionamento limitando o escludendo materiali potenzialmente nocivi quali il cadmio, il piombo, gli ftalati e il mercurio. A seconda dell’impiego, la temperatura operativa può variare da oltre 60 gradi sotto zero, magari in impianti di refrigerazione, ai 180 gradi centigradi per realtà come le industrie metallurgiche o similari. Naturalmente, nella scheda tecnica occorre verificare tali parametri per non sbagliare.
In linea generale, le cadute di tensione previste sono minime e si attestano a meno di 1 Volt, anche se esistono quelli di tipo Schottly che si inseriscono laddove la stabilità sia prioritaria e la perdita è inferiore al mezzo Volt.
Utilizzi e tipi di applicazione
Anche se i circuiti ove si destinano i raddrizzatori di corrente sono principalmente quelli riguardanti gli elettrodomestici, sono previste diverse modalità di montaggio per sopperire a ogni necessità: vi è quello superficiale per adattamenti rapidi e semplici, mediante foro per assicurarli con viti idonee, su circuito stampato o adattabili a superfici piane come i pannelli.
I materiali impiegati sono quelli che consentono di condurre la corrente e modificarne l’onda in maniera idonea, quindi ritroviamo giunzioni in silicio, in cromo, ma anche in platino o tungsteno. L’importante è che tale passaggio avvenga correttamente tra anodo e catodo cagionando la minor perdita di tensione possibile onde ottimizzare l’utilizzo del raddrizzatore.
A livello di dimensioni, si può riscontrare che esistono dispositivi più piccoli di 3 millimetri e altri che arrivano fino a oltre 5. Utilizzando più raddrizzatori si possono creare anche circuiti complessi, avendo sempre cura di trovare quelli con la configurazione più idonea a tale scopo, con correnti di picco supportate che hanno range tra i 2 e le diverse centinaia di Ampere.
Le applicazioni di un raddrizzatore di corrente sono quindi molteplici e variano sia a seconda della destinazione d’uso che del montaggio richiesto (ad esempio, nel campo dell’automotive è meglio prediligerne uno che riduca il più possibile le vibrazioni). Chi acquista un raddrizzatore deve quindi conoscere molto bene il settore al fine di scegliere quello con le caratteristiche più adatte, sia che si tratti di applicazioni casalinghe per appassionati del genere, sia che si renda indispensabile a livello industriale o elettronico. In ogni caso, va sempre tenuto presente che modificando la corrente da alternata a continua, se ne intensificherà la frequenza anche fino al 50%.