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Salvarono due sorelle ebree finendo fossero le nipoti, il ricordo di Giuseppe Ippoliti di Sonnino e la moglie Teresa Zani

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Il brigadiere dell’Arma Giuseppe Ippoliti, originario di Sonnino e deceduto nel 1974, e la moglie Teresa Zani salvarono due sorelle ebree, Edith e TrudeFischhof dalla deportazione nazifascista. Era l’inverno del 1943. Il gesto eroico con il quale la coppia accolse le due ragazze in casa propria a Chiesuola di Pontevico (BS), fingendo che fossero le nipoti, è stato ricordato oggi in una toccante cerimonia durante la quale l’ambasciatore di Israele a Roma,DrorEydar, unitamentea S.E. il Prefetto di Latina, dott. Maurizio Falco e alComandante Provinciale dei Carabinieri di Latina, Col. Lorenzo D’Aloia, hanno proceduto alla consegna dell’onorificenza “Giusto tra le Nazioni” al prof. Paolo Ippoliti, pronipote dei coniugi decorati.

La cerimonia, nel rispetto delle misure anti Covid, si è svolta presso il teatro “Ponchielli” dell’Istituto Comprensivo “A. Volta” di Latina. A fare gli onori di casa c’era il dirigente dell’Istituto, prof. Gennaro Guarino. L’intervento delle autorità è stato preceduto da uno stacco musicale con voce ed orchestra degli alunni dell’istituto e dalla lettura di due brani “Il viaggio” e “L’annientamento”, estratti da “Se questo è un uomo” di PrimoLevi, accompagnati dalla colonna sonora di Schindler’s List.

Il momento più toccante è stato quando Edith Fischhof, unitamente al prof. Paolo Ippoliti,ha ripercorso quei drammatici giorni che hanno segnato la sua vita e quella della sorella Trude;  vicissitudini trascritte dalla signoraEdit in un libro intitolato “Vivrò libera nella Terra promessa”.

“Nel 1942, durante il suo ultimo periodo da comandante della stazione di Casazza (BG), il Brig. Ippoliti Giuseppe conobbe la famiglia ebrea Fischhof che, proveniente da Ferramonti di Tarsia (CS), il più grande campo di concentramento italiano, giunse in Lombardia in regime di “internamento libero”. Nacquero così un’amicizia sincera e una stima reciproca, con assidue frequentazioni delle due famiglie. Tuttavia, il clima e la situazione contingenti, in cui si inseriva la vicenda, costrinsero sia gli Ippoliti che i Fischhofa prendere strade diverse. Fu così che, durante l’ultimo incontro il brigadiere consegnò al capo famiglia Richard un foglietto con l’indirizzo dove si sarebbe trasferito con la moglie di lì a poco. “A voi è stata fatta un’ingiustizia terribile, siete una bella famiglia e io sono pronto ad aiutarvi … se sarete in pericolo potete sempre rivolgervi a me, che farò di tutto per aiutarvi[1], queste le affettuose parole del Brigadiere.

Nell’inverno del 1943, con il precipitare degli eventi e con i rastrellamenti dei nazifascisti, la famiglia Fischhoffu costretta a dividersi: i genitori trovarono riparo in Svizzera e le due ragazze, memori della promessa fatta dal Brigadiere, raggiunsero la casa dei coniugi IPPOLITI a Chiesuola di Pontevico (BS). Furono accolte come cugine del sottufficiale, sfollate da Viterbo a seguito dei bombardamenti. Alcuni giorni dopo, le due sorelle, consapevoli dei rischi che stavano facendo correre alla famiglia che le ospitava, furono accolte dalla congregazione delle Angeline di Pontevico (BS). Successivamente, però, con l’arrivo delle SS in paese e la presenza di un ufficiale nazista austriaco (il primo fidanzato di Edith durante la sua adolescenza in Austria), la “copertura” delle ragazze rischiò di saltare, con la concreta possibilità di essere allontanate dalla congregazione. Provvidenziale, ancora una volta, l’intervento del Brigadiere IPPOLITI: la generosità dei coniugi, benefattori della Parrocchia di Pontevico, permise alle due sorelle ebree di prolungare il soggiorno presso la congregazione”.

La cerimonia si è conclusa con la consegna dell’onorificenza, l’esecuzione degli Inni d’Italia e d’Israele ed il concerto della Fanfara della Legione Allievi Carabinieri di Roma.  

  • Biografia dei Carabinieri Giuseppe IPPOLITI:

Giuseppe IPPOLITI, figlio di Giovanni e Giacinta MANCINI, nacque il 17 giugno 1899 a Sonnino (LT), all’epoca provincia di Frosinone, da una famiglia di contadini, e morì a Pontevico (BS) il 14 luglio 1974. Il 22 settembre 1936 contrasse matrimonio con Teresa ZANI di Chiesuola di Pontevico (BS). Non ebbero figli.

  • Il 05 novembre 1917, fece parte dei coscritti di leva che nel 1917 compivano diciotto anni, i “Ragazzi del ’99[2]”, quale soldato di leva di 1^ categoria, nel 45° Fanteria e chiamato alle armi per mobilitazione il 6 novembre 1917;
  • dal 20 gennaio 1918 prese parte alla campagna di guerra presso il 5° Reggimento Alpini Mobilitato a Monte Grappa e dal 20 aprile 1919 al 10 settembre 1919 presso il 1° Reggimento Alpini;
  • il 27 febbraio 1920, si arruolò come Carabiniere a piedi, presso la Legione Territoriale di Roma;
  • il 16 maggio 1925, trasferito presso la Legione CC RR Firenze dove, il 31 luglio 1925, fu promosso Vicebrigadiere a piedi;
  • il 31 agosto 1927, dopo aver prestato servizio in Toscana, fu trasferito alla Legione di Milano;
  • il 6 gennaio 1942, assunse il comando della Stazione Carabinieri di Casazza (BG)[3];
  • il 9 ottobre 1942 fu collocato a riposo per infermità con il grado di Brigadiere, andando a vivere a Chiesuola di Pontevico (BS)[4];
  • dopo l’armistizio del 1943, si allontanò dalla famiglia per militare, come partigiano[5], nella Brigata “Verdi – Div. Tito SPERI ”. Fatto prigioniero dai nazisti, fu liberato dai suoi stessi compagni mentre, unitamente ad altri prigionieri, veniva trasferito per poi essere fucilato[6].

Onorificenze e decorazioni:

  • Onorato della medaglia commemorativa della guerra 1915/1918,
  • Decorato della medaglia a ricordo dell’Unità d’Italia;
  • Croce d’argento per anzianità di servizio sormontata dalla Corona Reale.

Nel 1942, durante il suo ultimo periodo da comandante della stazione di Casazza (BG), conobbe la famiglia ebrea FISCHHOF che, proveniente da Ferramonti di Tarsia (CS), il più grande campo di concentramento italiano, giunse in Lombardia in regime di “internamento libero”, perseguitata dalle leggi razziali poiché di fede ebraica. Nacque, così, un’amicizia sincera e una stima reciproca, con assidue frequentazioni da parte dei coniugi IPPOLITI alla famiglia FISCHHOF. Tuttavia, il clima e la situazione contingenti, in cui si inseriva la vicenda, costrinse le due famiglie a prendere strade diverse. E fu così che, durante la visita di commiato, Giuseppe IPPOLITI, prima di prendere congedo dai FISCHHOF, consegnò al capo famiglia Richard, un foglietto con l’indirizzo dove, lui e la moglie Teresa, sarebbero andati a vivere da lì a poco, aggiungendo “A voi è stata fatta un’ingiustizia terribile, siete una bella famiglia e io sono pronto ad aiutarvi … se sarete in pericolo potete sempre rivolgervi a me, che farò di tutto per aiutarvi[7].

Nell’inverno del 1943, con il precipitare degli eventi e con i rastrellamenti in atto da parte dei nazifascisti, la famiglia FISCHHOF si divise; i genitori riuscirono a riparare in Svizzera e le due ragazze, memori della promessa fatta dal Brigadiere, raggiunsero la casa degli IPPOLITI, in Chiesuola di Pontevico (BS), dove furono accolte come cugine del Brigadiere, sfollate da Viterbo a seguito dei bombardamenti. Dopo alcuni giorni, le due sorelle, consapevoli dei rischi che stavano facendo correre alla famiglia che le ospitava, trovarono alloggio presso la congregazione delle Angeline di Pontevico (BS). Successivamente, però, con l’arrivo delle SS in paese e la presenza di un Ufficiale nazista austriaco (il primo fidanzato di Edith durante la sua permanenza in Austria), l’identità delle ragazze rischiava di essere smascherata, con la concreta possibilità di essere allontanate dalla congregazione. Ancora una volta, però, l’intervento del Brigadiere IPPOLITI fu risolutivo. Infatti, grazie alla generosità della famiglia IPPOLITI/ZANI, grande benefattrice della Parrocchia di Pontevico, le due ragazze riuscirono a prolungare il proprio soggiorno presso la congregazione sino a quando fecero la scelta di separarsi, andando a vivere in città diverse.

  1. Briografia di Edith FISCHHOF:

Edith FISCHHOFnasce a Vienna il 5/6/1923 da Richard e Berta (la sorella Trude –deceduta – era nata il 3/5/1921).

Il padre era titolare di una sartoria di alta moda al centro di Vienna e la madre era insegnante di letteratura.

Nel 1935, a causa della incombente minaccia nazista, la famiglia si trasferisce a Fiume, dove i genitori riescono a gestire una casa di moda con una decina di dipendenti. Le bambine frequentano la scuola e imparano perfettamente l’italiano.

Nel 1940, il padre viene arrestato e, dopo pochi giorni, l’intera famiglia è costretta, con foglio di via, a trasferirsi in confino a Viterbo, nel comune di San Lorenzo Nuovo. Dopo pochi mesi, l’intera famiglia venne internata a Ferramonti di Tarsia, il più grande campo di concentramento costruito in Italia dal governo fascista. Nel campo, la famiglia vive una dura esperienza, alle prese con scarsità di vitto, con precarie misure igieniche, a contatto con tubercolosi, malaria e tifo, fino all’estate del 1942 quando, grazie anche alle pressioni del Vaticano, viene trasferita in altra località di confino e precisamente in Val Brembana, dove conosce il Brigadiere dei Carabinieri, Giuseppe Ippoliti e la moglie Teresa Zani.

Nell’inverno del 1943, con il precipitare degli eventi e con i rastrellamenti in atto da parte dei nazifascisti, la famiglia Fischhof si divide; i genitori riescono a riparare in Svizzera e le due ragazze riescono a raggiungere la casa di Giuseppe Ippoliti e della moglie Teresa Zani in frazione Chiesuola di Pontevico (BS), dove vengono accolte come cugine, vittime dello sfollamento.

A Milano, alla fine delle ostilità, Edith incontra Paul Gilboa, un soldato dell’armata inglese, anche lui nativo di Vienna. I due si sposano e si stabiliscono in Israele dove partecipano attivamente al conflitto arabo-israeliano.                 

Nel 1950 arriva il primo figlio, Ghidi, e nel 1955 si assiste alla nascita della bambina, Ruthi. Per aiutare l’economia familiare Edith è costretta a lavorare come donna di servizio per due anni.

Terminati gli studi tecnici, Paul lavora come esperto nel campo automobilistico e Edith, dopo aver appreso l’ebraico ed essersi perfezionata nello studio dell’inglese, del tedesco e dell’italiano, porta a termine il corso universitario di sociologia e scienze della comunicazione, iniziato nel 1964, entrando nel mondo del giornalismo.

Ma il  ricordo incancellabile della vita dell’infanzia e della gioventù, della straziante perdita della nonna e degli altri familiari trucidati a Theresienstadt e degli zii e dei cugini avvelenati con il gas ad Auschwitz nonché la consapevolezza di non aver nemmeno adeguatamente ringraziato le persone che l’avevano protetta, anche a rischio della propria vita, spingono Edith a farsi protagonista nella mirabile missione della conoscenza della Shoah dedicata soprattutto ai giovani, attraverso incontri nelle scuole e la stesura di libri sulle vicende della propria vita, in ebraico, tedesco e italiano.

Inizia, così, un percorso che la porta a raccontare la vergogna delle ideologie che si ispirano all’odio, al razzismo e alla xenofobia. Nei ragazzi che incontra all’Università di Vienna e nelle tante scuole italiane che visita, da Trieste a Cosenza, in maniera instancabile negli ultimi vent’anni, cerca di trasmettere la conoscenza storica della Shoah e di far rivivere quei valori propri della dignità umana. In questo modo Edith intende offrire un esempio costante di impegno civile anche ai suoi cinque nipoti e agli otto pronipoti.

Nell’anno 2019 ottiene, dallo YadVashem[8],il riconoscimento dell’onorificenza di “Giusti tra le Nazioni” per Giuseppe Ippoliti e Teresa Zani, due coniugi che non hanno saputo e voluto girarsi dall’altra parte, e la cui storia è stata riportata nel suo

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