Operazione “Tellus” su un traffico illecito di rifiuti nel Lazio:57 indagati e 25 autocarri sequestrati dai carabinieri della sezione di Polizia Giudiziaria della Procura di Roma ed i carabinieri Forestali di Roma Rieti e Latina, che questa mattina hanno eseguito un’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia. Le 57 persone sono accusate, a vario titolo, di traffico illecito di rifiuti, associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e ricettazione di veicoli, truffa in danno delle assicurazioni, simulazione di reato e favoreggiamento personale. L’ordinanza ha disposto 15 arresti (6 custodie cautelari in carcere e 9 ai domiciliari) 3 obblighi di presentazione quotidiana in caserma, 12 divieti di dimora nel territorio della Provincia di Roma, oltre al sequestro preventivo di 25 autocarri utilizzati per il trasporto illecito di rifiuti ed un impianto di autodemolizione. Coinvolti, secondo quanto si apprende, due soggetti di Cisterna già noti alle forze dell’ordine.
L’operazione “Tellus” (dal nome della divinità romana della Terra) è scaturita da una serie di controlli – eseguiti anche nella provincia di Latina – finalizzati al contrasto del fenomeno dei cosiddetti ‘roghi tossici’, conseguenti alla gestione illecita di rifiuti, operata prevalentemente da nomadi in concorso con i titolari di alcune aziende di recupero, che ne ricevevano le sole componenti di valore come rame, bronzo e ottone. L’indagine, avviata nell’aprile del 2016, “oggi – hanno spiegato gli inquirenti – ha consentito di porre fine ad una vera e propria attività continuativa per il “traffico illecito” di circa 3 milioni di chili di rifiuti metallici, per un indebito profitto complessivo stimato in oltre 440mila euro.
“L’indagine, successivamente sviluppata dai Carabinieri della Sezione di Polizia Giudiziaria di Roma e dai Carabinieri Forestali di Roma e Rieti e, coordinati dalla Procura della Repubblica, ha oggi consentito di porre fine ad una vera e propria attività continuativa per il “traffico illecito” di circa 3 milioni di kg di rifiuti metallici, per un indebito profitto complessivo stimato in oltre 440.000 euro, ed un’associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione ed al riciclaggio di numerosi veicoli con truffe in danno delle assicurazioni.
Le indagini condotte dai militari con l’ausilio di attività tecniche, riscontri sul campo e controlli mirati, hanno innanzitutto consentito di ricostruire un’intera filiera illegale per la gestione di rifiuti metallici speciali ed urbani, di cui una compiacente società di recupero rifiuti rappresentava l’anello finale, ove avveniva l’ultima “ ripulitura” cartolare, realizzata con documentazione ambientale artatamente redatta, volta a schermare l’illecito flusso di provenienza. I conferitori dei rifiuti sono risultati essere per lo più soggetti di etnia rom, residenti presso campi nomadi ed insediamenti abusivi della Capitale, all’interno ed in prossimità dei quali avvenivano sistematicamente le illecite attività di gestione delle più disparate tipologie di rifiuti, anche ingombranti, ivi trasportati dopo averli raccolti rovistando nei cassonetti, oppure prelevandoli da utenze domestiche ed attività commerciali/artigianali. All’interno delle suddette aree, in totale mancanza dei presidi ed in spregio delle norme a salvaguardia dell’uomo e dell’ambiente, avvenivano delle vere e proprie operazioni di cernita, separazione e disassemblaggio, per l’estrazione delle componenti di valore dei rifiuti ( ad es. estrazione delle serpentine in rame dagli elettrodomestici fuori uso), che venivano poi rivendute alla società di recupero al fine di conseguire un ingiusto profitto, consistito per i trasportatori nel corrispettivo di vendita al predetto centro, e per la società ricevente nella successiva commercializzazione ad un prezzo superiore a quello di acquisto, lucrando sulle spese relative all’attività di recupero ed allo smaltimento delle componenti “indesiderate”.
Un “risparmio” per la società, in tal modo tramutato in “costo” direttamente riversato sulla collettività, dal momento che le frazioni estranee venivano notoriamente e sistematicamente smaltite mediante abbandono sul suolo, creando immense discariche abusive periodicamente e ciclicamente date alle fiamme per creare nuovi spazi per il deposito di altri rifiuti, il tutto con evidenti effetti negativi sulle matrici ambientali, anche sollevando non pochi problemi di ordine sociale, come deducibile dai numerosi esposti presentati a causa dai cittadini residenti e dai Comitati di Quartiere.
Al fine di aggirare i normali controlli su strada e le verifiche presso il centro di recupero rifiuti, gli indagati avevano fraudolentemente ottenuto l’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, in una categoria che ne autorizzava solo documentalmente il trasporto dei rifiuti, falsamente attestandoli come prodotti nell’ambito di una sedicente attività d’impresa di tipo edile, mai realmente eseguita, in tal modo inducendo in errore anche i pubblici ufficiali del predetto Albo istituito presso la Camera di Commercio.
Contestualmente, le indagini condotte hanno permesso di appurare come il predetto centro di recupero rifiuti fosse anche il terminale di approdo, ai fini dell’occultamento, di rifiuti metallici provenienti da attività di autodemolizione e rottamazione svolta all’interno di un impianto, oggi posto sotto sequestro, costituente la base operativa di un gruppo strutturato di persone dedito alla ricezione di auto di lusso oggetto di furto o appropriazione indebita e di cui, dopo un rapido “ smontaggio”, ne venivano rivendute sul mercato (anche estero) alcune componenti come parti di ricambio, mentre ne venivano rottamate le carcasse.
Quest’ultima struttura associativa organizzata, composta con diversi ruoli e responsabilità da alcuni degli odierni indagati, era diretta alla commissione di più delitti (spazianti dalla simulazione di reato e dalla truffa alle assicurazioni alla ricettazione ed al riciclaggio di autovetture) , con un modus operandi che può essere così sintetizzato: 1) individuazione del potenziale veicolo oggetto dell’attività e contatto con il soggetto che ne aveva l’attuale disponibilità; 2) acquisizione dell’autovettura; 3) smontaggio delle varie componenti di valore ed occultamento; 4) smaltimento della sola scocca come rifiuto ferroso presso il citato centro di recupero rifiuti, che provvedeva immediatamente allo “schiacciamento” ed all’invio alle acciaierie per la definitiva distruzione.
Sono stati infine accertati diversi casi in cui i proprietari o locatari in leasing dei predetti autoveicoli, fossero in accordo con i sodali dell’organizzazione, facendo in modo di far giungere i veicoli direttamente presso l’impianto di autodemolizione, denunciandone il furto solo successivamente e lamentando dinamiche di svolgimento dell’evento totalmente false, al fine di riscuotere il premio liquidato dalla compagnia assicurativa”.